lunedì 12 giugno 2006

30 secondi di...

Beh, 30 secondi di gloria davanti alla nazione non capitano tutti i giorni... Quindi questa entra di diritto nelle cose da raccontare!

La nostra storia ha un grande protagonista e qualche comparsa. Io sono una comparsa.
Abbiamo appuntamento a mezzogiorno in questo albergo. Lui mi ha contattato una decina di giorni prima chiedendomi se gli avessi potuto dare una mano a fare un servizio da Norimberga, città mondiale di Germania 2006. Ci conosciamo da alcuni mesi. Io l'ho importunato scrivendogli al giornale, dove lui lavora, per chiedergli di venire qui da noi a fare una conferenza. Non ci credevo neanch'io, ma lui ha accettato!

Quando a ottobre, il giorno dopo la conferenza, l'ho riaccompagnato in stazione, lui mi ha detto una frase che avrei voluto rivolgergli io, ma che per pudore non avrei mai pronunciato: "Restiamo in contatto, mi raccomando."

E così alla fine di maggio la sua mail mi ha strappato un sorriso:

...torno a Norimberga il 10 giugno, per registrare una cosa
per la TV per i Mondiali. Mi date una mano? ciao, b.

Ecco come questo sabato 10 giugno sono capitato in questo hotel appena fuori dalle mura cittadine. Lui arriva leggermente in ritardo, accompagnato da Marco e Massimo, addetti alle riprese e alla postproduzione. Si parte a piedi, il centro è solo di là dal fossato...
Marco mi dice: "Fai come se non esistessi", poi mi punta la telecamera contro il mio bel nasone, lui tira fuori un microfono e mi fa una domanda. Io dico stupidate e penso 'sti kazzi fai come se non esistessi'.
Entriamo in città, costeggiamo il fiume e subito ci fermiamo ad una distesa di tavoli all'aperto davanti ad uno dei tanti locali della zona. I tavioli per l'occasione non sono nudi, ma coperti da una poco discreta tovaglia con il disegno di un campo da calcio. Marco l'ha addocchiato da lontano, mentre io fantasticavo dietro un fondoschiena tangato. Ognuno ha la sua vocazione.

Il tempo stringe. Fra un'ora abbiamo appuntamento alla Schwurgerichtssaal, conosciuta anche come sala 600 del tribunale di Norimberga, dove fra il '45 e il '46 non si è solo concluso un capitolo doloroso di storia, ma se n'è anche aperto uno, più carico di speranza, per il diritto internazionale. Chiamo un taxi, a piedi non ce la facciamo più. Dopo dieci minuti la signora Schmidt (non è un nome di fantasia) ci apre i cancelli. Abbiamo un quarto d'ora per le riprese, prima che entri il prossimo gruppo per la visita guidata.
Come in una chiesa entriamo e subito ci mettiamo a parlare a bassa voce. L'assurdità che qui è racchiusa esige rispetto. Alle pareti alcune foto in bianco e nero di quegli ultimi attimi di nazionalsocialismo, fuori un sole impietoso che ci ricorda che quella è storia. Oggi qui, in questa città, i processi che fanno notizia sono quelli sulle partite, consumati da migliaia di tifosi ai tavoli di migliaia di bar e birrerie, davanti ad un boccale di birra. Solo i verdetti sono sempre quelli. Duri. E non conoscono appello.

All'uscita dal tribunale chiamo un altro taxi. Si va al Dokumentationszentrum nel Reichsparteitagsgelände
.
Lui ogni tanto si ferma, si consiglia con Marco su uno sfondo davanti a cui vale la pena dire qualcosa ai microfoni, poi torna con noi comparse e chiacchiera amichevolmente. A me e a V., che siamo i suoi accompagnatori del giorno, rivolge una teoria infinita di domande e noi rispondiamo, attenti a miscelare bene conoscenza e arguzia. Una risposta che gli rimane in mente finisce di sicuro nel suo prossimo articolo o servizio: vanitas vanitatis...

Massimo nel frattempo è disperato. Marco ha raccolto alcune ore di materiale filmato.. Lui lo deve zippare in 5 minuti. Come dice il Liga: "è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare".

Prendiamo in ostaggio un povero tassista e lo obblighiamo a scarrozzarci attraverso tutta l'area del Dokumentationszentrum. Sessant'anni dopo ci sono ancora orde oceaniche di folli che invadono questa zona, ma oggi la follia è festaiola. Non si osanna ad un imbianchino con i baffetti, ma a 22 giovanotti in mutandoni e maglietta colorata.
Delle trentadue nazioni che sono convinte di diventare campioni del mondo di calcio i più convinti e i più numerosi mi sembrano i messicani. Lui si butta nella mischia. Parla con i tifosi, si propone come improbabile arbitro in giacca scura di un torneo di due contro due under 11, si fa fotografare in mezzo a capannelli di gente che durante l'anno stringe mani di seri professionisti in doppiopetto e oggi non si vergogna a gridare stupidate all'ombra di un sombrero formato famiglia. Io e V. osserviamo un poco in disparte e ci stupiamo come ogni volta che Marco accende la telecamera si accenda anche la pazzia gioiosa dei tifosi. Allegri, ma calmi fino ad un secondo prima, appena vedono un obiettivo cominciano a gridare, cantare, saltellare. Gli sparuti italiani presenti in più salutano e mandano un bacio a casa.

Si riparte. Dopo dieci minuti, saldato il conto di tre ore di taxi, siamo al Marktplatz, in periodo d'avvento terreno di caccia di italiani e americani che comprano inutili assurdità pagandole a peso d'oro tra le bancarelle del Weihnachtsmarkt. Qui c'è la fontana simbolo della città. Peccato che non si veda: l'hanno coperta con una scultura moderna fatta coi vecchi seggiolini dello stadio appena rimesso a nuovo. La gente di qui si è offesa, un po' per lo sfregio a danno di un'opera d'arte, ma soprattutto perché l'autore di cotanto azzardo è un artista di Monaco, cioè un bavarese. E Norimberga, questa è la prima cosa che si impara qui, è in Baviera per un dispetto di Napoleone, non per volere della gente. Sissignori, Norimberga è in Franconia, non in Baviera. Se non siete in un'interrogazione di geografia politico-amministrativa dite così e vi farete molti amici da queste parti.

Dopo pochi minuti arriva anche M.. Lui lo saluta, poi, senza che quasi se ne accorga, lo mette davanti alla telecamera di Marco e gli piazza il microfono davanti alla bocca. Fa alcune domande con una raccomandazione: risposte veloci e non banali. E io di nuovo penso: "'sti kazzi".

Mentre gli altri girano io e V. parliamo con Massimo. Ci spiega la vita che avrà quella cassetta e di quale morte morirà.

Si cambia sfondo, si cambia intervistato. Le domande rimangono uguali. Le risposte, credo, anche.
Ancora un cambio set. Ora sta a V.. Le fanno ripetere almeno tre volte la registrazione, perché delle macchine sullo sfondo hanno scelto il momento sbagliato per passare da lì.

Io mi siedo sui gradini della piazza di fianco alla Sebalduskirche, un po' provato da una giornata di taxi, sole cuocente e mille discorsi avviati, interrotti e ripresi, abortiti e rianimati. Ora sta a me. Mi dicono di rimanere seduto. Il sole cala proprio davanti a me. Lui si piazza dietro alla telecamera e mi dice di guardarlo, poi mi spara la fatidica domanda. Il led rosso è già acceso.


Beh, le mie parole non contribuiranno a formare una nuova Weltanschauung. Ma è stata una gran bella giornata, interessante, istruttiva, divertente. Ho imparato che per fare un minuto di trasmissione ci vuole un'ora di riprese. Per 30 secondi da comparsa basta invece avere i mondiali sotto casa e conoscere il protagonista. La battuta, quella, forse la taglieranno. Tanto non lo sai più neanche tu quello che hai detto.

E questa giornata la racconterò ai nipotini non perché per 30 secondi sono stato davanti alla telecamera, ma perché, per un giorno intero, ci sono stato dietro.

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